Potremmo definirlo il carnevale dei carnevali unendo tante tradizioni diverse ma affini tra loro. Infatti, in tutta Europa, specialmente quella balcanica, sopravvivono rituali antichissimi che hanno come comune denominatore la ancestrale paura dell’uomo delle forze della natura impersonate da animali, reali o immaginari. Nei Pirenei è stato rinvenuto un graffito datato circa 15.000 anni che raffigura un uomo travestito da animale, con pelli e corna. È la più antica testimonianza nel genere che si conosca. Questo bestiario fatto di pelli, corna, code, piume è arricchito dagli strumenti dell’uomo pastore e cacciatore come cinghie, campanacci, fruste etc. Per quanto riguarda i campanacci in particolare, questi sono il tratto distintivo del carnevale delle maschere ed anche, per così dire, la colonna sonora. Con il loro assordante suono si intende da un lato scacciare l’inverno e ridestare la primavera, sollecitando la rinascita del ciclo vitale, da un altro lato allontanare le negatività e annullare gli influssi maligni.
Il travestimento in queste primitive forme animalesche rivela il desiderio dell’uomo di impossessarsi delle caratteristiche magiche della bestia e così acquistarne il potere.
Il Molise è ricchissimo di queste tradizioni che trovano puntuale riscontro e similitudine in altre di altri paesi. Pensiamo alla somiglianza tra il rito dell’Uomo Cervo di Castelnuovo e l’Orso di Jelsi.
Isernia, dunque, diventa una volta all’anno palcoscenico di questo fantastico carnevale che rivaleggia con le altrettanto affascinanti manifestazioni sarde. I tanti partecipanti si preparano nell’Auditorium dove già c’è una folla di curiosi e giornalisti. Il corteo si dirige verso c.so Garibaldi altezza passaggio a livello e di li scendendo lungo C.so Garibaldi arriva a Piazza della Repubblica, supera la villa Comunale dirigendosi verso il centro storico lungo via Lorusso, passa da Piazza Carducci imboccando Corso Marcelli per arrivare che è ormai buio, dopo circa due ore e mezzo, alla cattedrale in Piazza S. Andrea. Qui i gruppi a turno salgono su un palco e vengono presentati alla folla. Seguono concerti e stand di prodotti e cibo tradizionali.
Al Carnevale delle maschere zoomorfe edizione 2025 hanno partecipato:
Joaldunak (Saint Pierre d’Irube, Paesi Baschi, Francia); I Chaushi di Razlog (Bulgaria) Dzolomari di Begnishte (Macedonia); Meckari di Prilep (Macedonia); Kurenti di Ptuj (Slovenia); Boes e i Merdules di Ottana (Sardegna); Didi (Croazia); I belli e i Brutti di Suvero (Liguria); l’Uomo-Orso di Jelsi (Molise); l'Urs di Teana (Basilicata)
I Joaldunak indossano rozze pelli di pecora e campanacci legati sulla schiena, che emettono un forte e ritmico frastuono. Le loro sfilate esprimono un arcano valore apotropaico e, allo stesso tempo, una intangibile forza che esorta la vegetazione alla rinascita primaverile. In testa portano un alto cappello conico dalla cui cima pendono nastri colorati; in mano reggono un frustino di crine di cavallo che agitano mentre marciano e la cui funzione, in origine, era quella di favorire la fecondità.
I Chaushi di Razlog sono coperti di vello caprino, indossano un alto copricapo (che funge anche da maschera facciale) e alla cintola hanno dei campanacci che fanno risuonare a scopo apotropaico.
I Dzolamari di Begnishte in Macedonia sono personaggi barbuti e incappucciati chiamati prendere le strade armati di bastoni e campanacci.
A Prilep circa 55 chilometri Begnishte ci sono il Meckari che hanno il compito di scacciare l’inverno e spaventare gli spiriti maligni.
A Ptuj, la città più antica della Slovenia, durante il periodo di Carnevale arrivano i Kurenti. Spaventoso a prima vista, ma buono. Si può così descrivere in breve il kurent, il personaggio più noto e popolare del carnevale tradizionale sloveno. La sua origine ha radici mitologiche e il suo compito principale è quello di scacciare via le forze del male augurando tempi migliori per il Paese, sia sotto forma di prosperità, che di una primavera più calda o di un buon raccolto.
I Bòes e i Merdùles sono due maschere della tradizione barbaricina tipiche del carnevale di Ottana e tra le più conosciute in tutta la Sardegna. Rappresentano la lotta tra l'istinto animalesco e la ragione umana; infatti, nelle esibizioni carnevalesche, il Boe viene inseguito, frustato e catturato dal Merdule. I Boes indossano sul volto una maschera (caratza) che ha le fattezze di un bue, per realizzare la quale viene utilizzato prevalentemente pero selvatico. Sulla schiena una pelle bovina ed un grappolo di campanacci a tracolla dal peso di circa 30 kg; sul petto un grosso campanaccio sorretto da una larga cinghia di cuoio. I Merdules, propriamente "i guardiani dei buoi", cercano di domare i boes usando una fune di cuoio nel corso di tutta la sfilata. Anch'essi sono coperti di pelli di pecora e indossano una maschera di colore nero che ha le fattezze del volto di un vecchio con una bocca distorta in un ghigno. Su Omadori utilizza una maschera ricavata dall’osso del bacino del bue che nella tradizione sarda più arcaica veniva indossata da chi era ritenuto in grado di comunicare con l’aldilà.
Il carnevale di Suvero, frazione di Rocchetta di Vara (La Spezia), vede protagoniste due maschere: quella dei Belli e quella dei Brutti. I Belli indossano abiti dai colori vivaci a fantasia floreale. In testa portano cappelli rivestiti con lo stesso tessuto dell’abito, ornati da lunghi nastri variopinti e campanellini. I Brutti si coprono con velli di capra o pecora e sulla testa hanno vistose corna. La loro faccia è tinta di nero oppure parzialmente celata da una bautta. Alla cintola hanno gli immancabili campanacci.
Nella località di Gljev in Croazia, nel periodo di Carnevale si possono ammirare gli uomini montone, chiamati Didi. Indossano un vestito colorato con frange e un copricapo in pelle di pecora alto circa un metro e mezzo. Alla vita portano campanacci.
L’orso di Jelsi ha forti similitudini con l’uomo cervo di Castelnuovo al Volturno. Un orso sceso dal bosco imperversa per il villaggio seminando il panico. L’orso alla fine viene catturato da un domatore che lo trascina in catene per le vie del paese obbligandolo a danzare. La tradizionale “Ballata dell’Uomo Orso“, è un rito legato al carnevale come rinascita: morte dell’inverno e rinascita della primavera.
L’Urs di Teana indossa pelli di caprone e porta appesi al busto alcuni campanacci. Con una mano afferra il munnula, ossia il bastone fornito dello straccio che un tempo veniva usato dalle donne per ripulire il forno di casa
Oltre i gruppi principali citati c’erano tante altre maschere, anche di contorno ai gruppi, che non abbiamo saputo riconoscere. Ce ne scusiamo con voi lettori e con i figuranti. Di seguito le foto dell'edizione del 15 marzo 2025