LAMPEDUSA Isola dei conigli
L’arcipelago delle Pelagie è formato dalle isole di Lampedusa, Linosa e Lampione, di cui solo le prime due sono abitate, e costituisce il tratto più meridionale del territorio italiano. È un esempio di arcipelago transcontinentale. Come le isole Canarie, che appartengono politicamente alla Spagna ma sono un lembo del continente africano, anche due delle Pelagie (Lampedusa e Lampione) non sono geologicamente appartenenti all’Europa ma sono un pezzo della piattaforma continentale Africana. L’appellativo di Pelagie deriva da “Pelagos”, letteralmente mare aperto. Quello delle pelagie è, infatti, il più remoto arcipelago d’Italia. Tre piccole isole adagiate nel mezzo del mediterraneo meridionale, lontane dalla costa e più vicine all’Africa che all’Italia. Per questa caratteristica, queste isole sono sempre state un crocevia di diversi popoli e culture ed hanno avuto svariati padroni: dai Fenici, ai Greci, ai Romani, ai Saraceni, ai cavalieri di Malta, agli Inglesi, al Regno di Napoli, il Regno d’Italia ed attualmente la Repubblica Italiana.
Lampedusa è un’isola nell’accezione più vera del termine. Brulla, cotta dal sole, spazzata da forti venti, ha un aspetto selvaggio e inospitale. Ha la forma di una piccola Sicilia allungata. Le sue coste, prevalentemente rocciose, sono relativamente più dolci e basse nella parte meridionale, mentre sono caratterizzate da alte falesie inaccessibili nella parte settentrionale. Il mare limpidissimo e ricco, tra i più belli che abbia visto per trasparenza e colori, contrasta con la terra, aspra, polverosa e priva di vegetazione di alto fusto. A Lampedusa non ci sono alberi, solo cespugli e macchia mediterranea. Si dice che un tempo fosse ricoperta di boschi e che furono i navigatori che qui si fermavano ad averla completamente disboscata per fare legna, per riparare le navi o per altri utilizzi. In realtà, credo che sia il caldo feroce, il vento forte di mare ed il tipo di terreno molto povero e argilloso ad aver sfavorito la crescita di piante ad alto fusto. Non si spiega altrimenti come neanche specie arboree selvatiche, i cui semi sarebbero facilmente trasportati dal vento o dalle correnti marine, abbiano qui attecchito. Lascio, tuttavia, agli esperti e agli storici ogni considerazione; quello che interessa è che all’attualità la situazione sia questa.
Fortunatamente, Lampedusa è dotata di un piccolo aeroporto che mitiga molto l’isolamento dei Lampedusani. Collocato a Punta sottile, vicino al centro abitato, è uno degli aeroporti “di mare”, cioè di quelli in cui sembra che stai ammarando e si vede terra solo negli ultimi momenti dell’atterraggio. Questa inquietante sensazione la si può provare all'aeroporto di Svolvaer, nella Isole Lofoten in Norvegia, o anche all’aeroporto di Malè nelle Isole Maldive.
Lampedusa ha un unico piccolo centro abitato che si sviluppa nella parte sud est dell’isola, affacciato su due cale attigue: Cala Palme, il porto vecchio dove attracca anche l’unico traghetto che da Porto Empedocle arriva sull’isola e Cala Saline, il Porto nuovo, la parte più turistica. La vita mondana dell’isola si svolge per lo più tra queste due calette e Via Roma dove si concentrano, Bar, ristorantini e negozi. Durante la stagione estiva, questo lungo corso, dritto ed in leggero declivio, è animato la mattina presto dai turisti che fanno colazione nei bar prima di andare in spiaggia e la sera, con un vivacissimo “struscio” e musica dal vivo nei bar ritrovo più grandi. Nelle restanti ore della giornata è semideserto. Per il caotico sviluppo urbanistico ed anche architettonico, l’abitato di Lampedusa mi ha ricordato molto il nord Africa (Egitto, Marocco, Tunisia etc.), specie se osservato da mare. Che ci si trovi in Sicilia, ce lo ricordano alcuni bei palazzi del centro, relitto di quando questo paese doveva essere molto più piccolo e abitato solo da pochissimi isolani. Il turismo ha, purtroppo, favorito un incontrollato e poco attento sviluppo urbanistico, specialmente laddove non c’era nulla. L’isola, nonostante sia piccola, ha infatti una discreta offerta di case per turisti, residence, bed and Breakfast e alberghetti.
Al di fuori del centro abitato c’è poco o nulla. Due lunghe e dritte strade polverose attraversano tutto il resto dell’isola fino all’estremità occidentale e il faro di capo ponente. Una delle due corre parallela alle grandi falesie settentrionali dove in estate si raduna una folla di turisti per vedere il tramonto e bere un aperitivo in compagnia dopo una giornata trascorsa in spiaggia o in barca. In più punti sono sorti piccoli bar mobili molto attrezzati che servono ogni tipo di bevande e “tapas”.
L’altra strada, più a sud, è quella che permette, fino ad un certo punto, di accedere alle varie calette che si aprono dal centro abitato verso ovest nella parte meridionale dell’isola, come Cala Guitgia, Cala Croce, Cala Madonna, Cala Galera fino ad arrivare ai punti più celebrati dal punto di vista naturalistico di Cala della Tabaccara, la Spiaggia dei Conigli e Cala Pulcino. Da Cala Pulcino in poi fino a girare capo ponente ed arrivare a Cala Grecale, la costa è una alta falesia inaccessibile, costantemente spazzata dal vento e flagellata dalle onde del mare. Si può dire quindi che turisticamente parlando l’unica parte sfruttabile dell’isola è quella sul versante sud-sud est.
Le Pelagie sono il regno degli uccelli migratori, dei mammiferi marini e delle tartarughe di mare che da sempre numerose vengono sulle bianche spiagge di Lampedusa a deporre le uova. Se ne possono incontrare tantissime, per lo più di caretta caretta, nel canale tra Lampedusa e Linosa. Proprio a Lampedusa c’è il Centro di Recupero delle Tartarughe che cura e reimmette in natura, quando possibile, gli esemplari, trovati feriti. Le grandi tartarughe marine, come i delfini, sono vittime di reti, spadare e plastiche che ingeriscono scambiandole per meduse, loro cibo abituale. Nel centro, che è possibile visitare, vengono operate per liberarle di plastiche, ami o per ferite da eliche di barche, curate e riabilitate in grandi vasche.
Il centro si trova nei pressi di Cala Francese ed è sostenuto per lo più da donazioni o dal lavoro di volontari. È gradito ogni aiuto, anche piccolo. Qui sotto il link per chi volesse fare una donazione.
LAMPEDUSA, PORTA D’EUROPA
Lampedusa è probabilmente più famosa per gli esodi dei migranti che per la bellezza del suo mare. È considerata la “Porta d’Europa”. Chi vuole arrivare in Europa senza passare da frontiere e dogane passa da qui. I più attraversano la fascia sub sahariana, non meno pericolosa del mare, e si imbarcano sulle spiagge della Libia, a bordo di barconi operati da organizzazioni malavitose, cercando di arrivare in Italia. L’approdo naturale in Europa è proprio Lampedusa, il luogo più vicino, distante non molte miglia dalla costa Africana. Sono viaggi terrificanti, pieni di pericoli, su barche stracolme oltre ogni immaginazione ed i casi di naufragio sono stati almeno pari agli sbarchi, facendo assomigliare quel tratto di mare ad una immensa tomba liquida.
Sgombriamo subito il campo da un equivoco. Chi andasse a Lampedusa non si accorgerebbe quasi di questo enorme dramma, a meno di non trovarsi ad assistere ad uno sbarco casuale sulla costa oppure ormai più frequentemente ad uno sbarco al porto vecchio, sotto il controllo delle Forze dell’Ordine, mediante le navi delle Onlus che li raccolgono in mare. Una volta sbarcati i migranti vengono subito avviati all’Hot Spot, il centro di prima accoglienza. Tuttavia, l’intera isola è una testimonianza muta e dolorosa dell’esodo. I segni di questi passaggi sono tantissimi e disseminati ovunque; se non si è troppo distratti dallo strepitoso mare, dagli aperitivi alla tenue luce di meravigliosi tramonti, dalla vita mondana serale non si potrà non notarli. Segni materiali, come relitti di semplici imbarcazioni sulle coste rocciose, stracci, scarpe, giubbotti salvagente lacerati e scoloriti, vecchi marsupi logori. Infine, ci sono i barconi sequestrati del porto, il vecchio cimitero dei barconi al centro dell’isola ormai incenerito (rimane una sola imbarcazione), il cimitero dei migranti.
I SEGNI TANGIBILI DEGLI SBARCHI
IL VECCHIO CIMITERO DEI BARCONI
Poi ci sono anche e soprattutto i segni culturali, come le sculture, i murales e la “Porta di Lampedusa” simbolica opera dell’artista Mimmo Palladino. Inaugurata il 28 giugno 2008, posta a Punta Maccaferri, nel punto più a sud dell’Isola e dunque d’Italia, è stata realizzata in provincia di Benevento, con un’anima in acciaio e ferro zincato che sostiene pannelli in ceramica refrattaria cotta a mille gradi, che come la luna assorbono e riflettono la luce del sole e rendono visibile la porta da lontano, anche di notte. Una luce amica e guida a chi si trovasse magari di notte, nell’oscurità del mare senza riferimenti. Al Porto nuovo c’è una statua dedicata a tutti i naufraghi. In giro, ci sono diversi murales che ricordano il dramma dei migranti: uno, molto colorato, fatto di volti di persone di svariate etnie e paesi; in un altro si legge “protect people, not borders” (proteggete la gente, non i confini). Nei pressi della posta c’è un monumento a ricordo del naufragio del 3 ottobre 2013 in cui persero la vita decine di migranti. Infine, una bellissima "Madonna di Porto Salvo" del grande artista maceratese Morden Gore campeggia sul fianco di un barcone, come a voler proteggere migranti ed isolani allo stesso tempo dalla cattiveria del mondo.
LA PORTA DI LAMPEDUSA
ALCUNI MURALES
MONUMENTO AI NAUFRAGHI DEL 3 OTTOBRE 2013
Questo per testimoniare che esistono due mondi paralleli qui: quello dei turisti e quello degli isolani che invece vivono il problema sulla loro pelle e ne danno bella testimonianza. I lampedusani sono gente semplice, di mare, generosa e da sempre ospitale con tutti, sia con i tanti turisti che invadono l’isola in estate creando indotto economico ma anche tanto disagio, sia con i migranti. Con chiunque parlerete sull’isola non sentirete mai una parola di astio o di semplice fastidio nei confronti degli sbarchi e dei migranti. I lampedusani sanno cosa sia l’isolamento, essere ai margini, essere gente di confine e per questo sono perfettamente in grado di comprendere il dramma umano di questi esodi. Possiamo dire che sono anche loro delle vittime dell’indifferenza dell’Europa e dell’ingordigia delle organizzazioni criminali della tratta umana sottostante gli sbarchi. L’isola è nel mezzo di questo dramma ed è stata lasciata sola ad occuparsene. Lo stato italiano non ricompensa affatto il sacrificio della gente dell'isola, che non ha nemmeno un ospedale degno di questo nome. Tanto per fare un esempio, le donne di Lampedusa, come di Linosa, non possono partorire sull’isola ma devono andare in Sicilia, con grande disagio e sacrificio economico.
In paese, sulle mura nel vecchio cimitero, c’è incisa una poesia di Emily Dickinson “per uno sconosciuto, gli sconosciuti non piangono”. È il cimitero dei migranti. Sono seppelliti lì, insieme agli isolani, in tombe molto semplici decorate con motivi mare come pesci, stelle e conchiglie. Alcune targhe ricordano le tragedie più recenti e vivide.
A Lampedusa si piange anche per gli sconosciuti e ci si prende cura della loro memoria.
IL CIMITERO DEI MIGRANTI
Linosa è la seconda isola abitata delle pelagie ed è più a nord, spostata verso Malta e l’Italia. Morfologicamente diversa da Lampedusa, non appartenendo come si diceva al Plateau africano, è in cima ad un antico vulcano ormai spento e vicino ad una fossa marina profonda 3000 metri che separa i due continenti. Sarà per questo che le sue acque sono così ricche e pescose ma anche dal colore blu cobalto così diverso dal turchese intenso delle acque di Lampedusa. Rispetto a Lampedusa, Linosa è molto più ricca di vegetazione. Oltre alle specie tipiche della macchia mediterranea abbonda di Lentisco, Euphorbia, pianta del cappero (Capparis spinosa), Timo (Thymus capitatus). Linosa vanta anche specie endemiche come la Valantia Calva ed il Limonium algusae. La fauna linosana è molto varia; esistono alcune specie che si possono trovare solo sull'isola. La spiaggia della Pozzolana di Linosa è uno degli luoghi di nidificazione della tartaruga Caretta Caretta. L'isola ospita la più grande colonia di Berta maggiore d'Europa. La Berta maggiore è un grande uccello che vive gran parte dell'anno in mare aperto e arriva sulla terraferma solo per riprodursi. Tra i rettili presenti sull'isola merita una menzione l'endemica lucertola linosana (podarcis filfolensis). Per la sua posizione tra l'Europa e l'Africa, l'isola costituisce una tappa per numerose specie migratorie di uccelli che seguono la rotta verso la penisola italica.
Linosa è un'isola piccola e di forma circolare. Si visita in poco tempo e per farlo si possono noleggiare scooter o acquistare giri turistici con piccoli van al porto. Attraverso le poche, dissestate strade costeggiate da muretti a secco di pietra lavica e distese infinite di fichi d’india, si gode di panorami mozzafiato su un mare blu intenso, spesso agitato dai salti gioiosi di delfini, globicefali ed altri mammiferi che incrociano queste acque.
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