LAPIO E IL CASTELLO DEI FILANGIERI

Il borgo

Lapìo è un delizioso borgo adagiato su una altura (480 mt. sul livello de mare) nel bel mezzo della valle del fiume Calore in Irpinia, tra i due massicci montuosi del Partenio a nord-ovest e dei Picentini a sud. Circondata da boschi di querce, uliveti, vigneti, alberi da frutta questa è sempre stata una terra molto prospera, grazie anche alla presenza di fiumi. Sembra che il suo nome derivi da ''apiano'', un vitigno particolarmente pregiato già conosciuto dai romani. Nel 512 d.c. il console Romano Publio Cornelio Cetego fece deportare in questa zona migliaia di Liguri Apuani, i quali portarono con sé la suddetta uva che qui trovò terreno fertile. Per traslitterazioni linguistiche apiano diventò "lapiano", poi "lafiano" e infine fiano. Fu durante il medioevo che Lapìo divenne il centro dei commerci del Fiano, vino apprezzato in tutto il Regno. Naturalmente in una terra così ricca e fertile il fiano non poteva essere l’unica eccellenza. Nei circostanti uliveti si estrae un olio d’oliva, il Ravece, molto pregiato e dal notevole tenore organolettico.  Lapìo è anche la città del miele, soprattutto nelle varietà Millefiori, Castagno, Acacia. Nel 2019, una azienda locale, l'Apicoltura Mattei, ha visto il suo miele premiato come il migliore al mondo all'International Honey Quality Competition di Londra. 

Non bisogna però cadere nell’errore di considerare Lapìo soltanto come un’operosa comunità agricola che vanta eccellenti prodotti della terra. Nonostante sia un paese lontano da grandi centri e relativamente piccolo, (conta oggi circa 1500 abitanti), Lapìo vanta una storia illustre e custodisce molti importanti tesori d’arte. Le prime notizie risalgono al periodo repubblicano romano. Poi, divenne territorio longobardo e poi normanno. La storia di Lapìo è indissolubilmente legata proprio ad una famiglia di stirpe normanna, i Filangieri, che hanno mantenuto il feudo, con vicende alterne, per oltre sei secoli, dal 1200 al 1806, allorquando furono aboliti i privilegi le feudali.

Brevi cenni sulla famiglia Filangieri

Di origine normanna, è tra le famiglie più antiche ed è strettamente legata alla storia di Napoli e del meridione d’Italia. Il suo capostipite fu Angerio, cavaliere normanno sceso nella metà dell’XI sec. in Italia insieme al Fratello Turgisio, sotto le insegne di Roberto D’Altavilla il Guiscardo (Robertus Hauteville la Guichard detto anche “Terror Mundi”) e stabilitosi, poi, nel Principato di Salerno. Angerio ebbe dalla moglie Urania 4 figli: Guglielmo 1°, Roberto, Tancredi e Ruggiero che furono detti i “filii Angerii”, cioè i figli di Angerio e, dunque, i primi “Filangeri”. Il cognome poi da Filangeri fu translitterato in Filangieri in data incerta. Nei secoli la stirpe dei Filangieri si è sempre distinta in tutti i campi e molti sono i suoi membri che si sono fatti ricordare: Guglielmo, cavaliere alla Corte di Ruggero il Normanno; Riccardo I che seguì Federico II alla Crociata; Riccardo II, viceré di Sicilia, mecenate di Manfredi, privato dei feudi da Giovanna II; Don Cesare Filangieri (Lapio, 1705 † Napoli, 1767), secondo principe di Arianello dal 1750, che sposò nel 1740 donna Marianna Montalto dei duchi di Frignano (1723 † 1812); suo fratello, Riccardo (Lapio, 1713 † Napoli, 1782), patrizio napoletano, che nel 1729 divenne monaco benedettino adottando il nome Serafino e fu arcivescovo di Matera e Acerenza dal 1758, arcivescovo di Palermo dal 1762, Viceré del Regno di Sicilia nel 1774, arcivescovo di Napoli 1776.

Sicuramente il più universalmente conosciuto è Gaetano Filangieri, figlio dei predetti Cesare e donna Marianna Montalto, il filosofo e giurista nato a Cercola il 1752 e morto nel 1788, appena trentaseienne, a Vico Equense, in seguito ad attacchi di tubercolosi.

Nel 1775 si laureò in legge, amico e corrispondente di Goethe e Giambattista Vico.
Scrisse numerose opere ma è noto soprattutto per la sua grande opera, di carattere illuminista "la Scienza della Legislazione" scritta a soli 28 anni, che gli diede fama internazionale, in materia di filosofia del diritto e teoria della giurisprudenza. Il testo venne tradotto in inglese, in francese, in tedesco, in spagnolo e diviene uno dei modelli ispiratori di Benjamin Franklin per la stesura della Costituzione Americana e punto di riferimento per gli intellettuali illuministi, fautori della Repubblica Napoletana del 1799. Il figlio di Gaetano, Carlo, fu un valente militare. Si arruolò nell'esercito napoleonico e combatté valorosamente ad Austerlitz. Nel 1810, per difendere l’onore delle truppe napoletane, sfidò e uccise in duello il generale francese François Franceschì. Subito dopo l'avvenuta restaurazione borbonica, si ritirò dall'esercito.
 

Suo nipote Gaetano junior, studioso e letterato, è il fondatore del “Museo Gaetano Filangieri” che intitolò al celebre nonno e che donò alla città di Napoli.

Il Castello Filangieri

A Lapìo molto parla dei Filangieri che sono fortemente rimasti impressi nella memoria della gente del luogo. A ricordare ancora il casato c’è l’imponente castello baronale, posto nel punto più alto del centro storico e che il comune ha acquistato, salvandolo dall’oblio e dalla distruzione. Le prime notizie storiche sono della prima metà del XII secolo, descrivendo come il castello fortificato che fu fino al 500. Nel corso del XVI secolo, come molti manieri, perse il proprio carattere difensivo per mutare a palazzo signorile declinato nella sua accezione rinascimentale. Al XVI secolo risale il portale ad arco di accesso alla corte del Castello, sormontato dallo stemma in marmo della Famiglia Filangieri. Delle quattro torri, una rappresenta il nucleo originario del periodo normanno, mentre le altre sono una aggiunta posteriore. Il castello conserva anche la sua originaria planimetria, nonostante sia stato nei secoli ampiamente rimaneggiato. Visto da lontano presenta ancora in parte l’aspetto di un minaccioso maniero medioevale sebbene ingentilito come dalle finestre al posto delle feritoie o terrazzi panoramici al posto di camminamenti di guardia. Nella corte vi è un magnifico pozzo in pietra su cui campeggiano gli stemmi della casata. La vera del pozzo ha forma ottagonale, secondo alcuni rimando federiciano (come del resto lo stemma del portale). 

Sul lato destro della corte, si accede al piano nobile che si è in buona parte conservato con le sue finiture originali di legno di castagno e i cicli di affreschi che coprono un arco di due secoli.

Sono stati calcolati più di 600 mq di affreschi. La datazione è favorita in parte dalle tecniche pittoriche utilizzate, in parte dal tipo di soggetto rappresentato e da qualche data che spunta negli affreschi, come il 1623 sul sedile di Euterpe nella “sala delle Muse”. Le parti seicentesche si distinguono soprattutto per le tematiche classiche care al tardo rinascimento; vedi la “Sala dei Satiri” o la “Sala delle Muse”. In particolare, nella sala delle muse, ritenuta uno Studio, sono raffigurate Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Tersicore, Erato, Polimnia, Urania e Calliope, le nove muse patrone delle arti insieme ad altri personaggi della mitologia classica. I motivi settecenteschi riflettono invece le pitture pompeiane che proprio in quei anni stavano emergendo dagli scavi portati avanti dai Borbone. Abbiamo alcuni esempi che sembrano proprio ripresi da pitture pompeiane. Il periodo più fecondo è quello dei primi decenni del seicento, che vede la presenza di Pompeo Filangieri e Diana Capece Tomacelli donna di cultura e sensibilità verso l’arte. Anche se i Filangieri vivevano principalmente a Napoli, tuttavia hanno sempre frequentato questo palazzo e ne hanno avuto cura abbellendolo in ogni epoca. 

LA SALA DELLA CACCIA

PARTICOLARI DELLA SALA DEI SATIRI

LA SALA DELLE MUSE

Il declino vero del castello iniziò con la morte di Giovanni Filangieri. Giovanni Filangieri, principe di Arianello e barone di Lapìo, nacque il 18 agosto 1819. Il padre, Agnello Filangieri, era molto vicino alla Corte Borbonica e fu nominato il 17 aprile del 1766 da Ferdinando IV di Borbone “aio dell’infante di Spagna” don Filippo. Il nonno, Giovanni Francesco Filangieri, 1° Principe di Arianello, era fratello di Gaetano, il celeberrimo giurista filosofo. Giovanni morì il 18 febbraio 1896. Fu l’ultimo membro della famiglia Filangieri ad utilizzare il castello, riservandosi il piano nobile e fittando il resto della struttura. Dopo anni di oblio e degrado, è intervenuta la comunità tutta di Lapìo che ha riportato, e sta riportando il castello, per quanto possibile, all’antico splendore.

Forse a Lapìo la crudezza del mondo feudale si è stemperata nel valore del ricordo e della ricchezza comune prodottasi, permettendo al casato dei Filangieri di essere amato anziché odiato dalla sua gente.


 

A Lapìo è possibile vedere un antico splendido ponte, il ponte principe, cui abbiamo dedicato uno scritto a parte.

Qui sotto il link

 

Per le notizie sul Castello, molto interessante lo studio di Claudia Areniello consultabile sulla pagina web del Comune di Lapìo.