IL CIMITERO DELLE 366 FOSSE

31 dicembre 1763, otto cadaveri stanno per essere calati nella fossa n°366. Fa freddo e piove. La sera la fossa viene richiusa, torna il silenzio ma niente sarà più lo stesso. Qualcosa è cambiato per sempre nel rapporto stretto e secolare tra Napoli e la morte.

 

Questo cimitero settecentesco, vero gioiello, è inserito negli interventi di edilizia pubblica e sociale della Napoli borbonica che la storiografia ufficiale ha sempre descritto come povera e arretrata. Eppure, nel giro di pochi decenni, alle tantissime opere realizzate nella capitale del Regno, se ne aggiunsero alcune faraoniche e dal valore esclusivamente sociale, destinate cioè esclusivamente alle classi meno abbienti. Napoli sarebbe stata, dunque, così arretrata e povera da realizzare un edificio, il Real Albergo dei poveri o più comunemente chiamato Serraglio, la cui facciata è lunga come 3 campi di calcio uniti insieme (360 metri, il più lungo d’Europa), ed anche un innovativo cimitero con una superficie di 6400 mq., entrambi destinati ai poveri. I committenti furono i primi due Re della dinastia dei Borbone, Carlo e suo figlio Ferdinando, ed entrambi i progetti affidati a Ferdinando Fuga. Il celebre architetto è ricordato in qualità di progettista e direttore dei lavori in una delle due lapidi esposte ai lati dell'ingresso che descrivono il progetto voluto dal re:”...Eques Ferdinandus Fuga domo florentia Regiae maiestatis architectus eiusdemque iussu director operis…”

 

Il cimitero di Santa Maria del Popolo o delle 366 fosse fu realizzato sul colle di Poggioreale, non lontano dal Real Albergo, e inaugurato il 31 dicembre 1763, sotto il controllo dell’Ospedale degli incurabili. Fu in assoluto il primo cimitero, in Italia ma anche in Europa, ad essere costruito al di fuori delle mura cittadine, in anticipo di quarantuno anni sull’editto di Saint Cloud che lo prescriveva come obbligatorio. Prima del 1804 si usava seppellire i morti in città, prevalentemente nei luoghi sacri: chiese, monasteri, cappelle private. Per i poveri, a Napoli veniva utilizzata una grande fossa comune sotto l'ospedale degli Incurabili chiamata “Piscina”.

Il cimitero ha la forma di un quadrato 80 per 80 metri, le stesse misure delle corti laterali del Real Albergo, con una spessa muratura articolata a doppie paraste e nicchie decorative, che sul lato di ingresso ospita un grande edificio rettangolare destinato ai servizi. Il portale d'ingresso è sormontato da un timpano, nel cui interno è raffigurato un teschio; il teschio e la croce di ferro che sormonta il timpano sono gli unici riferimenti iconografico religiosi alla morte. Al suo interno il cimitero nella sua concezione originaria non presentava simboli di alcun tipo. Si ritiene sia ispirato a logiche illuministico massoniche che si rimandano a simboli di natura esoterica, come ad esempio i numeri. L’area cortilizia che insiste tra le mura perimetrali è suddivisa in 366 fosse profonde 7 metri e di dimensioni 4 mt. x mt. sormontate da un tombino numerato, una per ogni giorno dell’anno. I tombini sono numerati progressivamente da 1, che rappresentava il primo giorno dell’anno ovvero il 1° gennaio, a 366 che era l’ultimo giorno dell’anno ovvero il 31 dicembre. Il tombino n°60 si apriva ogni 4 anni poiché era quello dedicato agli anni bisestili, cioè il 29 febbraio. La sepoltura seguiva un criterio cronologico, cioè si veniva inumati nella fossa il cui numero corrispondeva al giorno della morte. Le fosse sono suddivise in file da 19 per 19 righe per un totale di 360, più sei nell’edifico coperto che corrispondevano al periodo di Natale (dal 25 al 31 dicembre) non più visibili a causa dei lavori di ampliamento del cimitero del 1875. La prima era posta all’estrema sinistra del muro opposto all’ingresso. Si procedeva da destra verso sinistra e finita la fila da destra verso sinistra e così fino alla fine, come un serpente sinuoso. Ogni giorno si apriva una fossa che si chiudeva e sigillava al termine del giorno stesso. L'unicità di questo cimitero consiste nell’essere concepito in maniera totalmente razionale basata sull’esclusivo criterio cronologico. Conoscendo il giorno della morte si poteva agevolmente risalire alla camera mortuaria nella quale il defunto era stato calato. C’è chi, andando oltre, ha voluto vedere nella organizzazione del cimitero significati legati al potere magico e alla simbologia dei numeri. Il 19 ripetuto, il quadrato, le forme geometriche, il numero 10 che simboleggia il gran maestro che è la somma di 1 e 9. Anche l’assenza di simboli religiosi viene ricondotta ad un laicismo “efferato” che si riscontra anche agli incurabili da cui questo cimitero dipendeva, in accordo con quella cultura illuminista e massonica di cui la Napoli del Settecento era pregna. Inizialmente, le salme venivano semplicemente gettate nelle fosse. Si racconta che il popolino veniva qui per trarre auspici o numeri dal rumore che faceva il cadavere atterrando sul fondo della fossa: il famoso 47 morto che parla. Nel 1875 una nobildonna inglese donò un marchingegno con cui calare il morto nelle fosse dolcemente. Il cadavere veniva adagiato in una cassa metallica che era dotata di un meccanismo di apertura sul fondo e calato dentro alla fossa. Una volta sul fondo, si azionava il meccanismo di ribalta che appoggiava dolcemente il corpo. Questo eliminò la bruttura del vecchio sistema, alquanto brutale ed impietoso. Il macchinario con la cassa a fondo ribaltabile è ancora oggi visibile nell’atrio di ingresso.

Il cimitero delle 366 fosse ha funzionato fino al 1890 anno della sua chiusura. Avrebbe accolto circa settecentomila corpi ma secondo altre stime, basate anche sui documenti presenti negli archivi degli incurabili, i corpi sarebbero il triplo. Qui si sono seppelliti anche i morti dell’epidemia di Colera del 1834, usando le fosse nn° 19, 20 e 21. Fu a causa di questa epidemia che pochi anni dopo, nel 1837, fu realizzato anche il cimitero dei colerosi realizzato da Leonardo Laghezza. 

 

Tutte queste storie di vita, questa enorme umanità che ha animato la città nei secoli addietro qui sepolta poteva sapere in che fossa sarebbe stata calata in quel giorno particolare in cui fosse arrivata la fine. Quello che non sapeva è che il loro sonno eterno sarebbe stato turbato negli anni a venire.  L'11 febbraio del 2025 i carabinieri della tutela patrimonio culturale hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo, emesso dalla procura di Napoli a carico di ignoti: reato ipotizzato è deterioramento o distruzione di beni culturali previsto dall’art. 518 duodecies c.p. A partire dagli anni Sessanta del Novecento, ad attività d'uso delle cavità sotterranee cessata, sono stati aggiunti loculi al muro perimetrale, là dove vi erano le nicchie decorative del Fuga centinaia di Loculi acquistati in buona fede da cittadini, spesso legati anche da situazioni di frequentazione e legami familiari col cimitero. Giusto che la Procura indaghi sull’ennesimo scempio ai danni di questa stupenda città e del suo glorioso passato, con la speranza che questa testimonianza particolare del culto dei morti e del suo mutamento nel tempo possa tornare alle origini, tenendo anche conto del diritto di tutti i cittadini eventualmente truffati sfruttando il loro desiderio più umano, quello di dare dolce sepoltura ai propri cari.  

Andando via da questo luogo surreale abbiamo per un attimo cercato di immaginare chi giacesse nel buio e nel silenzio delle fosse, che sogni avesse, che drammi avesse vissuto sperando di avere non numeri ma risposte sul più grande dei silenzi: il senso della vita di tutti noi. Tuttavia, come Shakespeare fa dire ad Amleto, quello è il paese da cui nessun viaggiatore è mai tornato. Eppure, abbiamo visto 366 fosse aprirsi ed un fascio di luce fatto di migliaia di filamenti volare nel cielo azzurro sopra il tempo, sopra i numeri, sopra le brutture del mondo.