VILLA SANT'OTTAVIA: LA STREGA DI POMARANCE

Dopo aver scollinato su assolate strade di campagna in mezzo al nulla assoluto, finalmente giungiamo ad una piana con un lunghissimo rettilineo, al centro del quale si apre uno sterrato percorribile fino ad un certo punto. Di lì in poi è necessario proseguire a piedi, lungo uno sconnesso tratturo in salita, fino a raggiungere una collina. Il segnale che si è sulla strada giusta sono due alberi, un pino ed un cipresso, affiancati e solitari in mezzo ad un campo brullo. In cima alla collina, semi nascosto da un boschetto incolto, l’oggetto della nostra ricerca: Villa Santa Ottavia. Siamo nella Valdicecina, ai margini della fittissima foresta di Berignone, in una zona assai isolata.

Bella quanto sinistra nel suo aspetto, la Villa potrebbe benissimo sembrare il relitto di una sceneggiatura di un film Horror. Un cancello mal ridotto è l’unica protezione, se non consideriamo come tale l’intricato dedalo di rovi e vegetazione selvatica cresciuta senza ordine che potrebbe costituire la sua rovina.

Un tempo la villa era un autentico capolavoro Liberty, espressione di lusso ma soprattutto di “joie de vivre”. Il nome lo prese da Ottavia Germiny, membro della famiglia francese che trasferendosi nella Valdicecina la fece costruire. I Germiny, insieme ad altre aristocratiche e facoltose famiglie francesi, vennero in Toscana attirati dalle bellezze del territorio e culturali, ma anche a causa di un progetto promosso dal Principe Ginori Conti per la realizzazione di una linea ferroviaria elettrica a servizio del commercio di Boro. Questa linea avrebbe posto rimedio all’isolamento di questa vallata dove queste dimore dovevano essere edificate.  La scelta si rivelò azzardata. Il conflitto mondiale del quattordici - diciotto ammazzò in culla il progetto lasciando la Valle nel suo inesorabile isolamento. Villa Santa Ottavia venne, poi, acquistata da una famiglia di Firenze, i Bianchini, che aveva una estesa azienda agricola. Durante la seconda guerra mondiale la villa fu occupata dalla Marina militare per la vicinanza alla polveriera del Cecina. L’isolamento unito allo storico spopolamento delle campagne ha definitivamente sancito il declino di questa valle e l’abbandono di alcune dimore, come Villa Ottavia. I Bianchini tornarono a Firenze e non si curarono più della Villa, che oggi dopo decenni di abbandono versa in condizioni assai precarie.

Questa è la storia, ma non tutta. Manca un tassello che mescola verità e maldicenza, realtà e leggenda popolare. L’ultima Bianchini ad abitare la Villa, sembra si chiamasse Virginia, pare fosse una persona molto stramba che non amava socializzare con nessuno. Nonostante fosse più che benestante, viveva senza concedersi alcuno svago e lusso, evitando troppi contatti con l’esterno. Questo fece nascere delle voci, che diventarono diffuse dicerie, che assursero a dei sospetti, che infine divennero una certezza assoluta ancorché indimostrata: la vecchia signora era certamente una strega. Persino i vicini cominciarono ad evitare di avvicinarsi alla sua casa ed avere contatti con la vecchia signora, sempre più triste, sempre più solitaria. Probabile che l’anziana, a causa di queste maldicenze, venne a cadere in un comprensibile stato di sofferenza psichica, poi depressione, fino al gesto irreparabile: fu trovata impiccata ad una corda annodata alle travi del soffitto nella sua camera da letto. Ma la menzogna non si arresta davanti a nulla, nemmeno davanti alla morte, e travolge anche la pietà che si dovrebbe ad una vicenda umana come questa. Per anni si è creduto, e ancora si crede, che la vecchia non sia morta ma, nel tentativo di sfuggire alla trappola casa in cui era stata rinchiusa, ne fosse rimasta eterna prigioniera. E di qui i racconti di rumori e risate sinistre, strani fenomeni che accadono nella casa, come il cappio utilizzato, ancora in loco, si metta da solo a dondolare senza aliti di vento.

Che sia il cappio assassino o uno messo da qualche sconsiderato, abbiamo trovato di pessimo gusto mostrarlo e abbiamo quindi evitato di fotografarlo. La scritta in vernice rossa “welcome to hell” (benvenuti all’inferno) che c'era sulla porta di ingresso è stata per fortuna cancellata da qualcuno. 

Oggi questa dimora è poco più di un rudere avviluppato dalla vegetazione selvatica che mette una certa angoscia. Il cappio pendente al centro del soffitto di una spaziosa camera matrimoniale è comunque una scena alla quale non si può rimanere indifferenti, che aggrava lo stato di disagio che si vive già appena giunti. 

Qualche segno della originaria bellezza, tuttavia, lascia intendere che luogo straordinario ed elegante dovesse essere. Il meraviglioso pavimento a scacchi bianchi e neri è ancora abbastanza visibile anche se sporco e ormai opaco. I soffitti alti, le volte, gli ampi saloni, la doppia scala, le cucine, le camere, i bagni e uno spazioso salone per le feste con il terrazzamento che gli correva attorno su tre lati. Pare che in questa stanza ci fosse persino un palco in legno per spettacoli e rappresentazioni teatrali le rappresentazioni teatrali secondo la migliore tradizione aristocratica francese che i Germiny si erano certamente portati dentro.


I soli rumori che riusciamo ad ascoltare sono il sibilo del vento tra i rami ed il gracchiare dei corvi che annunciano che il sole si è abbassato sull’orizzonte, preludio dell’arrivo delle tenebre. E’ tempo di lasciare questa casa, non senza un pensiero per la signora Virginia, vittima della cattiveria e della ipocrisia umana. Se davvero sei rimasta imprigionata in questa casa, che il soggiorno ti sia migliore. 

 

L'esplorazione è stata fatta per un tempo davvero breve, nel rispetto dei luoghi e degli eventuali cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato toccato e/o prelevato. 

 

IL PRESENTE ARTICOLO NON COSTITUISCE IN NESSUN MODO UN INVITO O UN INCORAGGIAMENTO ALL'ESPLORAZIONE. I LUOGHI SONO FATISCENTI E PERICOLOSI. CHI LO FACESSE, SE NE ASSUME OGNI CONSAPEVOLE RISCHIO. AD OGNI BUON CONTO RICORDATE SEMPRE LA REGOLA "LEAVE ONLY FOOTPRINTS AND TAKE ONLY PHOTOS", LASCIATE SOLO IMPRONTE E NON PRENDETE NULLA SE NON IMMAGINI.