IL CIMITERO ABBANDONATO IN CIMA ALLA COLLINA
Il senso della precarietà e della provvisorietà, che inevitabilmente alludono alla decadenza e alla morte, è massimamente evidente nei cimiteri. I cimiteri monumentali, vere e proprie città dei morti con una loro toponomastica di strade e piazze, stupiscono per grandiosità e abbondanza di bizzarre opere d’arte scultoree. Se le città dei vivi sono impersonali, quelle dei morti parlano esplicitamente dei loro abitanti. Le tombe, dimore eterne, hanno abbondanti riferimenti alla vita passata del defunto, ne replicano le sembianze, la professione, le inclinazioni. Forse è anche per questo che i cimiteri hanno attratto artisti di ogni epoca. Il desiderio di irrazionale, di oscuro, di metafisico si contrappone alla razionalità, al pensiero scientifico. Il movimento che ha incarnato di più questo desiderio è stato il preromanticismo inglese, cui uno dei suoi membri più rappresentativi è James McPherson. La poesia "cimiteriale" esprime una forte attrazione per la morte, la notte, l’oscurità, il macabro. Atmosfere crepuscolari, cimiteri dove spettri si aggirano tra le tombe, sibili sinistri, orrendi uccelli notturni. Anche la pittura annovera i suoi maestri nel genere come Vafflard o Friedrich.
Se la decadenza e la morte, anche se di strutture inanimate, attrae gli urbexer, appare chiaro che anche i grandi cimiteri esercitano su questi una forte attrazione. I motivi sono molteplici. Niente più di un antico, decadente, cimitero abbandonato fornisce spunti per fotografie che rendano compiutamente il senso di precarietà di tutte le cose umane. Inoltre, se i luoghi abbandonati ci parlano delle storie umane passate, e le storie umane interessano gli urbexer che le decifrano da ciò che è rimasto, nei cimiteri sono presenti le persone, o meglio ciò che ne rimane, e questo crea una suggestione enorme, che apre quasi una porta tra passato e presente. Infatti, nell’ottocento l’idea del cimitero era quella di un luogo di meditazione e riflessione che lenisse la sofferenza della morte e nel quale i due mondi, terreno e ultraterreno, potessero ricongiungersi.
Avevamo letto di questo antico cimitero abbandonato in cima ad una collina, in una grande città. La collina sta franando lentamente e l’area è stata chiusa e interdetta alle sepolture come alle visite. Questo ha creato un disagio enorme a quelli (non molti in realtà, essendo questa la parte più antica del cimitero) che hanno ancora i loro cari sepolti lì. E comprendiamo la loro sofferenza, perché il degrado e la decadenza di questo luogo sono a tratti a forte impatto emotivo. Abbiamo visto tombe scoperchiate, sepolcri aperti con le casse a vista e grossi roditori aggirarsi nell’oscurità dentro i loculi. Queste scene macabre sono comuni un po’ a tutti gli antichi cimiteri ottocenteschi. Qui la maggior parte delle sepolture recano date tra inizio ottocento e metà novecento. Però questo non significa che non sia usato da 75 anni; infatti, abbiamo visto anche qualche data di sepoltura risalente agli anni 2000. La natura qui si sta riprendendo tutto, come è naturale che sia, ed è tutto un groviglio di aghi di pino, terriccio franato, erbacce, pezzi di lapidi, tombe divelte, statue corrose dalla pioggia e dal muschio, radici di alberi, urne e vecchissime fotografie. Le (bellissime) cappelle sono quasi tutte aperte e mostrano meravigliosi gruppi scultorei degni dei mausolei di re e regine presenti nelle cattedrali. Tutti i viali del cimitero che scendono sui fianchi della collina verso il basso sono un concentrato di pregevole arte funebre. Bellissimi i busti, in cui si possono ammirare i particolari dei vestiti finemente scolpiti, che individuano anche le epoche dei defunti: seriosi ed eleganti gentiluomini, austere dame vestite di pizzi e merletti, giovinetti morti nel fiore degli anni, persino bambini. Ci ha colpito una tomba che stona rispetto a tutto il resto: un blocco di marmo policromo per lo più rosa con le foto di una donna ed un uomo vestiti alla moda degli anni quaranta, belli come due attori hollywoodiani. Poco più in là ai margini del sentiero una tomba a forma di letto dove emergono le sculture delle teste, come appoggiate su dei cuscini, di due coniugi anziani. Più in là, una tomba con sopra un angelo a cui è caduta la testa: una visione inquietante. L’angelo mantiene uno scudo dove c’è inciso “Sola nobilitas virtus”, che suona tipo “la virtù è la sola nobiltà”.
Da una parte la pietra, levigata o scolpita, eretta come sfida al tempo e desiderio di immortalità; dall’altra i grandi alberi e l’incessante crescita della vegetazione, che rappresentano il ciclo della vita. Ecco cosa davvero traspare da questi luoghi: un intreccio incessante di nascita e morte ed in mezzo la caducità dell’esperienza umana.
L'esplorazione è stata fatta per un tempo davvero breve, nel rispetto dei luoghi e degli eventuali cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato toccato e/o prelevato.
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