EX MANICOMIO SAN LAZZARO DI REGGIO EMILIA

Il nome San Lazzaro deriva dal fatto che la struttura nel medioevo era un ospedale per malati di lebbra e di peste, per l’appunto un lazzaretto.

Fino alla metà dell’ottocento prevaleva l’orientamento definito terapia morale. Si fornivano ai pazienti occasioni socializzazione e di lavoro come metodo per raggiungere una guarigione ed un reinserimento nella società. Presto il manicomio perse la sua caratteristica riabilitativa e da ospedale cominciò ad assomigliare sempre più ad un edificio di detenzione e contenzione. Non si tentava più di risocializzare il malato ma lo si conteneva attraverso una organizzazione di tipo carcerario e con strumenti correttivi e punitivi che di medico o di scientifico non avevano nulla: catene, manette, il casco del silenzio, le camice di forza, la macchina per il bagno di luce, bagni gelati fino alle terapie elettroconvulsive (elettroshock) o la chirurgia lobotomizzante. In molti casi non si entrava perché malati, ma solo perché ritenuti pericolosi, fisicamente o moralmente, per la società ed è per questo che gli istituti manicomiali furono così repressivi. Fu cesare Lombroso con le sue deliranti teorie ipotizzò un collegamento tra malattia mentale, pericolosità sociale e tratti somatici. Questo nosocomio in particolare studiava questo aspetto come l’archivio di un migliaio di fotografie ritrovato lascia intendere. Qui c’è un padiglione a lui dedicato. Durante la Prima Guerra Mondiale il San Lazzaro ospitò militari affetti da disturbi psichiatrici e fu seriamente danneggiato dai bombardamenti del 1944. Dal dopoguerra è storia nota. Dopo la Legge 180, venne abbattuto l’alto muro di cinta in mattoni e la struttura entrò in un lento e inesorabile abbandono.

Il manicomio versa in stato di estremo degrado e pericolosità. Tutti gli ingressi e le finestre basse sono stati murati rendendo impossibile l’accesso. Tuttavia, si può percepire ancora tutta l’atmosfera di questi luoghi sinistri anche solo dai perimetri esterni; chi è pratico di questi luoghi sa di cosa parliamo.

Nel 2009 è stato restaurato il padiglione Lombroso e creato il museo relativo, restituendo la memoria di questi luoghi dimenticati. Nei corridoi del museo, un tempo luogo di sofferenza e segregazione, sembra ancora di sentirne le urla dei pazienti o vederli attraverso lo spioncino delle spesse porte di legno delle celle legati ai letti o stretti nelle camicie di forza. Vi invitiamo a visitarlo

L'esplorazione è stata fatta per un tempo davvero breve, nel rispetto dei luoghi e degli eventuali cartelli di divieto presenti. Nessuna intrusione in luoghi protetti da chiusure, barriere, cancelli o in presenza di divieti è stata fatta. Nulla è stato toccato e/o prelevato. 

 

IL PRESENTE ARTICOLO NON COSTITUISCE IN NESSUN MODO UN INVITO O UN INCORAGGIAMENTO ALL'ESPLORAZIONE. I LUOGHI SONO FATISCENTI E PERICOLOSI. CHI LO FACESSE, SE NE ASSUME OGNI CONSAPEVOLE RISCHIO. AD OGNI BUON CONTO RICORDATE SEMPRE LA REGOLA "LEAVE ONLY FOOTPRINTS AND TAKE ONLY PHOTOS", LASCIATE SOLO IMPRONTE E NON PRENDETE NULLA SE NON IMMAGINI.