ANNA CIRIELLO

Anna è una esperta fotografa ed urbexer napoletana, cofondatrice di questa pagina ed autrice delle foto che qui potete vedere di seguito. Ecco cosa ha risposto alle domande di routine poste:

Parla un po’ di te

Mi chiamo Anna, nata a Napoli, sono una pedagogista e psicologa. Sono appassionata di viaggi, fotografia, etnologia e naturalmente di urbex.

 

Come hai conosciuto l’urbex, come e quando hai cominciato

Credo sia sempre stato parte di me, come quando in estate da bambini si andava in cerca della casa della strega nel bosco con la banda di amici. Il mio primo ricordo è infatti una casa abbandonata in una pineta vicino Paestum che con gli amichetti trovammo e dove provammo ad entrare, con grande disappunto dei nostri genitori. Poi, questo interesse è diventato più consapevole nel tempo finché ho cominciato sistematicamente a cercare e fotografare posti abbandonati. Nel 2014 ho fondato insieme a mio marito un gruppo su Facebook chiamato Urbex Campania che contava davvero pochissimi iscritti. Oggi dopo dieci anni siamo quasi quattromila da tutte le parti del mondo. Nel 2015 abbiamo aperto anche una pagina web che tratta non solo ma anche di urbex e dove ci sono le nostre esplorazioni. Oggi conto più di duecento luoghi abbandonati anche all’estero e una ventina di migliaia di fotografie in archivio

Cosa è per te l’urbex: cosa ti piace e non ti piace

Un viaggio nel tempo e nella vita degli altri. Potremmo dire esperienze “premonitrici” di come potrebbe essere il pianeta in futuro. Quando entro in una scuola, una fabbrica, ospedale o casa abbandonata immagino proprio lo scenario di una qualche apocalisse che ha spazzato via la nostra civiltà.

Dell’urbex mi piace il senso di avventura ma anche il senso di condivisione e aggregazione che crea tra le persone con la stessa passione. E’ in definitiva una attività emozionante ma anche aggregante che può creare solide amicizie. Dell’esplorazione in se mi piace molto la fase preparativa, quando si cerca un luogo e poi si organizza l’esplorazione. Bisogna fare attenzione ad ogni dettaglio e queste fasi sono entusiasmanti quando l’esplorazione stessa.

Quello che invece non mi piace dell’urbex, o meglio di alcune persone che praticano l’urbex, è l’atteggiamento competitivo e fazioso.

 

Che luoghi preferisci esplorare

In cima a tutti metto i manicomi che mi danno una emozione che non so descrivere. Forse perché lavoro anche con la malattia mentale e conosco tutto l’universo di dolore che si porta dietro. Poi, amo esplorare anche grandi edifici tipo scuole, prigioni, ospedali, orfanatrofi, vecchi alberghi etc. Ma posso dire che mi appassiona qualsiasi luogo che abbia una storia da raccontare. I tratti distintivi di tutti questi luoghi devono però essere: abbandono e decadenza chiari ed inequivocabili. Qualcuno direbbe che mi piacciono i “marcioni”.

Foto o video

Ho fatto entrambi, ma preferisco la fotografia con la quale mi sento più a mio agio. La fotografia parla da sola, non ha bisogno di spiegazioni e/o parole, ferma l’attimo. Il video è più didascalico, racconta meglio e di più, ma toglie magia ai luoghi.

Quale è il tuo stile di ripresa

Mi piacciono i dettagli più che i campi larghi e amo la foto in verticale più del taglio orizzontale. Cerco di evidenziare i chiaro scuri e i contrasti ombra luce che abbondano nei luoghi decadenti e chiusi. Non uso cavalletto, preferisco inquadrature più spontanee e dinamiche a scapito di un po’ di rumore in più. Uso una reflex FX Nikon con uno zoom che copre le focali utili per questo tipo di fotografia (24-120)

L’emozione più bella e quella più brutta facendo urbex

Partendo dal fatto che tutte le esplorazioni mi hanno regalato emozioni e bei ricordi, ce ne sono alcune che naturalmente hanno lasciato un segno più evidente ed emozioni indelebili. Posso indicarne due in particolare:1) l’esplorazione della base nato Proto, che è stata sicuramente la più complessa e difficile e per certi versi quasi inaspettata, poiché sembrava quasi impossibile entrare; ed una volta entrati, sembrava quasi impossibile da portare a termine per via del buio assoluto, del senso di disorientamento che provocava, della fatiscenza assoluta di tutte le strutture, la pesantezza e irrespirabilità dell’aria. 2) il manicomio provinciale di Napoli Leonardo Bianchi, un complesso enorme e assai fatiscente. Tuttavia, le testimonianze di quella epoca sono ancora vivide e presenti in ogni stanzone, corridoio o angolo. Ricordo che da bambina abitavo nei pressi e vedevo persone mal vestite e poco curate con grandi buste di plastica camminare fuori del cancello del manicomio e chiedevo ai miei genitori chi fossero e perché fossero così strani. Mio padre e mia madre mi spiegavano che erano gli ex internati del manicomio che erano stati dimessi grazie alla riforma Basaglia ed ora non sapevano dove andare, trascinandosi davanti all’unico luogo che gli sembrasse familiare con le poche cose che possedevano. Queste immagini mi colpirono moltissimo e mi sono tornate in mente quando finalmente un giorno di parecchi anni fa sono riuscita a esplorare il manicomio.

Per quanto riguarda l’esperienza più brutta facendo urbex, sicuramente un incidente occorsomi dentro la base nato proto che poteva avere conseguenze anche gravi. Mentre stavamo sulla passerella di legno della sala di controllo operativo, stupefatti dalla meraviglia, non mi sono accorta dello stato di marcescenza della passerella che si aperta sotto i miei piedi facendomi sprofondare fino alla vita. Fortunatamente il grosso zaino fotografico ha fatto da freno. Stavamo comunque quasi per lasciare la base e dopo questo “avvertimento” la lasciammo immediatamente. 

Che consigli daresti a chi vuole iniziare 

Di non sottovalutare mai i rischi e lasciare perdere quando non si è più che sicuri. Nessuna fotografia vale la salute o la vita. Camminare sempre ai lati degli ambienti, evitando possibilmente il centro. Prima di entrare in un luogo, osservare bene se ci sono segni nel pavimento o nel soffitto di possibili cedimenti. Usare abbigliamento e scarpe protettivi. Portare sempre molta luce con sé. Non andare mai soli, informare qualcuno di fidato di dove si è in caso rimaniate intrappolati in un luogo. In ogni caso, avere sempre il massimo rispetto dei luoghi dove si entra, ricordando che non è casa nostra, senza toccare e/o danneggiare nulla. Non entrare mai in luoghi che mostrino segni di vita o di uso per quanto decadenti o fatiscenti.  

Ed ora spazio alle immagini:

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