NEARLY FORGOTTEN: FEDERICA D'ANGELO

Federica è una giovane urbexer, ma con le idee già molto chiare. Unisce la sua passione per le esplorazioni urbane con quella per il mondo del fantastico e del Cosplay: ed il mix è davvero singolare e seducente. Chissà che nella sua evoluzione di fotografa non finisca per utilizzare modelli cosplayer adattandoli ai luoghi da lei esplorati. E' un'opzione che abbiamo visto in parte fare ed è molto interessante. Ha creato una sua pagina dal nome "Nearly Forgotten" che vi invitiamo a seguire ed il cui link riportiamo in basso. Ecco come Federica si racconta rispondendo alle nostre domande:

Parla un po’ di te: chi sei, dove vivi, cosa fai

Mi chiamo Federica Maria D’Angelo, ho 30 anni (quasi) e vivo in provincia di Napoli. Sono sarta e costumista: ho cucito e prodotto armature per tanti cosplayer, negli anni prima e durante la pandemia. Sono anche scrittrice di fantascienza e attualmente sto avviando un mio business online.

 

Come hai conosciuto l’urbex?

Ho iniziato a vedere e condividere fotografie in giro per i social. Inizialmente ero soltanto affascinata dalla bellezza degli scatti e dalla desolazione dei luoghi che per me erano di grande ispirazione nella scrittura; dopo un po’ ho iniziato a informarmi e ho scoperto che si tratta di una vera e propria attività.

 

Come e quando hai cominciato?

Ho iniziato a fare urbex un anno fa quando, assieme al mio ragazzo, abbiamo visitato una famosissima ghost town in Campania.
Da allora non ci siamo più fermati, abbiamo visitato edifici ospedalieri, fabbriche, hotel, case e altro…
Abbiamo condiviso con amici i racconti delle nostre esplorazioni e li abbiamo portati con noi in diverse occasioni. Alla fine tutti, chi per un motivo, chi per un altro, subiamo il fascino dell’abbandono.

 

Cos’è per te l’urbex: cosa ti piace e non ti piace?

Il mio genere preferito è il post-apocalittico, ho sempre inseguito tutti quei film e quei libri che parlano di un’ipotetica fine del mondo, dell’estinzione dell’umanità e del silenzio che viene dopo. Ogni volta che mi trovo in un luogo abbandonato mi sento come la protagonista di una delle storie che ho sempre amato guardare o leggere.  
La sensazione di essere in un luogo e un tempo lontani dalla civiltà è la parte che preferisco e che cerco ogni volta di immortalare nei mei scatti.
Mi piace osservare come la storia di un luogo non finisca con il suo abbandono, chiunque venga dopo lascia un segno, la natura lascia un segno e trasforma le cose; e così, quello che nasce come un hotel a 4 stelle, diventa il perfetto set di un episodio di “The Walking Dead”.
Il rischio e l’ostilità delle esplorazioni fanno parte dell’esperienza. Quindi, se proprio devo trovare qualcosa che non mi piace, direi che spesso questi luoghi, anche se abbandonati, sono circondati da zone popolate e perciò il vociare e il rumore della strada hanno la brutta abitudine di riportarti con i piedi per terra.

 

Che luoghi preferisci esplorare?

Mi piace molto l’archeologia industriale e ospedaliera.
Ricordo in merito una famosissima ex fabbrica di macchine da scrivere in Campania (Chi sa, sa, e di sicuro sapete): un gigantesco complesso di edifici vuoti e immensi, di uffici con finestre distrutte, mura d’edera e pavimenti erbosi che fanno da architettura a numerosi archivi ancora intatti, scrivanie e computer.

 

Foto o Video?

Foto. Nonostante non sia una fotografa (scatto con lo smartphone), credo che il video non abbia la stessa potenza comunicativa, soggettiva e interpretativa della fotografia.

 

Qual è il tuo stile di ripresa?

Come ho detto, non sono una fotografa, non ho studiato fotografia e non ne conosco le regole. In pratica faccio del mio meglio per catturare ciò che mi trasmette il luogo che visito. Credo che la mia fotografia sia molto soggettiva, mi piace fotografare il nuovo in contrasto con il vecchio, le finestre e le porte da cui entra prepotente la natura, i lunghi corridoi disseminati da entrate su stanze vuote e grandi spazi silenziosi.
Anche in post-produzione spesso modifico leggermente luci e colori per ritrovare le atmosfere del luogo appena visitato e sui social dedico una canzone a ogni post.

 

L’emozione più bella e quella più brutta facendo urbex?

L’emozione più bella per me è quando scatti una fotografia e riguardandola sai che lì dentro sono racchiusi quel momento, quel luogo e quell’atmosfera proprio come le hai vissute. La fotografia perfetta è il ricordo tangibile che avrai per sempre e che ti farà dire: io lì ci sono stata, l’ho fatto.
Al contrario l’emozione più brutta credo sia la delusione: quando trovi un luogo sul web o qualcuno te ne parla e poi vai a visitarlo, con tante aspettative, e lo trovi invece chiuso o vuoto e distrutto. Purtroppo capita più spesso di quanto si pensi, dopo ore di viaggio, di dover tornare a mani vuote o ripiegare sulla seconda o terza scelta.

 

Che consigli daresti a chi vuole iniziare?

So che molte persone vorrebbero iniziare a fare urbex, ma sono spaventate. Sono tante le paure che all’inizio hanno bloccato anche me.
Consiglio di iniziare con coscienza, magari da luoghi famosi e già ampiamente e recentemente visitati (un luogo abbandonato può cambiare drasticamente a distanza di un solo anno) e di fare esperienza, guardarsi intorno, fare attenzione a dove si mettono i piedi.
Consiglio di munirsi sempre di mascherine e guanti perché potrebbero esserci sostanze tossiche, indossare scarpe e vestiti comodi perché potrebbe esserci bisogno di scavalcare, strisciare o attraversare erba alta.
Personalmente ogni volta che vado a esplorare dico sempre a qualcuno, parente o amico, dove mi trovo in modo che se dovesse succedere qualcosa possano raggiungermi o avvisare le autorità di competenza.
Il consiglio più grande però è FATELO! Superate tutte le paure e iniziate a esplorare, divertitevi e non rompete niente!

 

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